“A sua insaputa”: si conclude il processo per gli stupri di Mazan

Dominique Pelicot è nato il 27 novembre 1952 a Quincy-sous-Sénart. Nel 1973 si è sposato con la moglie Gisèle, con cui ha avuto tre figli. Una famiglia normale, una vita ordinaria.
Dominique viene descritto come un “tipo chic, un marito super“. Mai un sospetto, mai un campanello dall’allarme.
Eppure, quel tipo chic, quel marito super, apparentemente ordinario, anonimo al limite della noia, non era poi il mansueto marito e padre che vicini e parenti immaginavano che fosse. Decisamente no.
Il buon vecchio Dominique per un decennio, dieci lunghi, inesorabili, eterni anni, puntuale e zelante, ha drogato pesantemente sua moglie Gisèle, tanto da ridurla a nulla più che una triste bambola impotente, offrendola alla mercè di uomini, circa 50 (o almeno, 50 sono gli uomini identificati e processati), che dal 2010 al 2020 hanno abusato sessualmente di lei.
Il tipo chic, il marito super, come un perverso regista, restava nella camera, filmando diligentemente ogni singolo stupro, ogni violenza, ogni abuso.
E non solo. Come un saggio maestro, pronto a condividere magnanimamente la propria saggezza, non solo utilizzava l’ormai tristemente nota chat di gruppo “à son insu” (a sua insaputa) per reclutare volontari stupratori, ma anche per insegnare, educare, addestrare persino, stupratori alle prime armi.
Caricando foto e video dalla sua personalissima collezione, che vanta oltre 4 mila elementi tra foto e video, Dominique Pelicot, condivideva quei filmati, istruendo decine di uomini su come drogare al meglio le proprie mogli, le proprie figlie. Come fare a stuprarle senza lasciar traccia. Come abusare di loro e gettarle via, come fossero niente, esseri inanimati e poi passarla liscia.

Quando si aprì il vaso di Pandora: l’arresto del 2020
Dominique Pelicot è stato arrestato il 12 settembre 2020, dopo essere stato sorpreso da una guardia di sicurezza privata di un centro commerciale a filmare di nascosto sotto le gonne di alcune clienti con il suo cellulare.
A seguito delle denunce sporte dalle vittime, la polizia francese si è attivata per indagare sull’apparentemente ordinario, quanto irreprensibile marito modello, Dominique Pelicot.
Analizzando i dispositivi elettronici di Dominique, gli inquirenti hanno scoperto, non solo, la militanza dello stesso nella predetta chat di gruppo “à son insu“, ma anche una cartella chiamata “abus” (“abusi”) contenente migliaia di immagini e video degli stupri durante i quali Gisèle era priva di coscienza.
I file erano stati nominati con data, nome del complice e natura dell’abuso, consentendo così agli inquirenti di individuare 72 diversi uomini che hanno stuprato Gisèle Pelicot, tra il 2010 e l’ottobre 2020.
Dopo due anni di indagini gli inquirenti sono riusciti a risalire all’identità di 50 stupratori, le cui età variano tra i 21 e i 74 anni.

Non solo Gisèle
Sul computer di Dominique la polizia ha scoperto anche alcune foto della figlia, Caroline, in stato d’incoscienza e priva di abiti, in una cartella intitolata Ma fille à poil? (“Mia figlia nuda?”). Pelicot sostiene tuttavia di non avere mai né drogato né abusato di lei, ma Caroline non riesce davvero a credergli, non mentre osserva quelle foto, non mentre si trascina a fatica, ma con coraggio, in tribunale come testimone.
“Scopro che mi ha fotografata a mia insaputa, nuda. Perché? Capisco subito, prima di avere un attacco di tetania, che sono io stessa drogata in queste foto, perché io non dormo così“.
Le regole del gioco
Dominique Pelicot aveva imposto regole ben precise nel suo personalissimo circo degli orrori. Si assicurava che gli uomini parcheggiassero lontano dall’abitazione invitandoli ad arrivare a piedi per ridurre il rischio di essere visti. Agli stupratori ospiti era inoltre fatto divieto di usare profumi o di fumare, tutto al fine di evitare di svegliare Gisèle, solleticandone il sensibile olfatto. Dovevano poi spogliarsi in cucina, per non rischiare di dimenticare qualcosa nella camera da letto e riscaldare le mani sui termosifoni o con l’acqua calda.
Ai violentatori, inoltre, non richiedeva di indossare il preservativo, né chiedeva loro dei soldi, escludendo quini un tornaconto di tipo economico.
Per Dominique, era solo una questione di perversione e potere.

Il processo e la confessione di Dominique Pelicot
Dominique Pelicot, nel corso del processo, ha confessato i crimini commessi: “Confesso tutti i fatti di cui sono accusato, senza eccezioni”, ha detto in aula, senza tirarsi indietro di fronte alle prove schiaccianti dei suoi crimini.
“Sono uno stupratore”.
Poi, rivolgendosi verso il banco degli accusati, dove sedevano alcuni dei 50 co-imputati nel processo, molti dei quali hanno negato fino all’ultimo il proprio coinvolgimento o di essere a conoscenza della assenza del consenso di Gisèle a tali barbarie, ha aggiunto: “Lo sono come loro. Tutti loro conoscevano lo stato di mia moglie prima di venire, sapevano tutto, non possono dire di no”.
La condanna
Dominique Pelicot è stato riconosciuto colpevole degli stupri aggravati contro l’ex moglie Gisèle Pelicot e condannato al massimo della pena, 20 anni di carcere. Sono inoltre stati dichiarati tutti colpevoli i 50 co-imputati nel processo. Gran parte di essi sono stati ritenuti colpevoli di “stupro aggravato in riunione e somministrazione” di droghe a Gisèle Pelicot.
Sentenza che, come fa sapere il suo legale, Beatrice Zavarro, Dominique non ha intenzione di appellare. “Dominique Pelicot ha deciso di non presentare ricorso contro il verdetto” un appello “costringerebbe Gisèle a un nuovo calvario, a nuovi scontri, che Dominique Pelicot rifiuta“.
Gisèle Pelicot dopo le sentenze ha dichiarato: “Penso alle vittime di stupro non riconosciute, le cui storie restano spesso nell’ombra. Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta”. La donna ha aggiunto di avere “fiducia nella nostra capacità di cogliere collettivamente un futuro in cui ognuno, donne e uomini, possano vivere in armonia, nel mutuo rispetto e nella comprensione”.
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