Criminologia investigativa e Scienze forensiDiritto e procedura penale

La scena del crimine: rapporto tra Polizia Giudiziaria e Pubblico Ministero

Innanzitutto possiamo dire che per “scena del crimine” si intende qualsiasi luogo in cui si è verificato un evento criminoso e la scena del crimine è un elemento fondamentale nell’ambito del processo investigativo, dove hanno inizio le attività forensi.

La scena del crimine possiamo dire che rappresenta la parte importante di tutte quelle attività che fanno parte del sopralluogo giudiziario, importante perché è finalizzata alla scoperta di “tracce” utili che, una volta analizzate in laboratorio potranno fornire elementi utili alle indagini al fine di scoprire l’autore del reato.

Il sopralluogo giudiziario si compone di due fasi essenziali: la prima è il congelamento della scena del fatto delittuoso (questo per curare la conservazione delle tracce e per mantenere lo stato dei luoghi immutato fino all’arrivo del PM (artt. 55 e 354, comma 1 cpp); la seconda sono i rilievi sulle tracce, sui luoghi e sulle cose del fatto delittuoso (art. 354, commi 2 e 3 cpp).

A queste due fasi va aggiunta da parte della PG l’attività di repertamento, che consiste nel prelevamento, nella conservazione e nella trasmissione delle tracce in modo da non risultare alterate, manomesse o distrutte, così da poter preservare il loro valore probatorio (insomma, sono tutte quelle attività  di diversa natura, compreso il repertamento di mozziconi di sigarette, impronte di qualsiasi tipo, che appartengono a quelli che sono i “rilievi”).

Nell’ambito criminologico ci sono due figure importanti: quella del Criminologo che fornisce il proprio contributo nello studio della personalità del reo e delle motivazioni che lo hanno indotto a commettere quel delitto, e la figura del Criminalista che, attraverso il repertamento e l’individuazione di oggetti e quant’altro possa essere utile all’analisi delle tracce presenti sulla scena del crimine riesca a poter identificare l’autore del delitto.

A questo punto ci si chiede chi è preposto ad indagare su un crimine, ebbene, è il PM che coordina l’attività d’indagine e ne è a capo e la PG che si può definire come il braccio operativo del PM. In effetti, gli Ufficiali e gli Agenti di PG hanno l’obbligo di curare che le tracce e le cose che hanno pertinenza col delitto siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del PM il quale assumerà la direzione delle indagini. Il rapporto tra PM e PG è descritto nell’art. 327 cpp dove, appunto il PM dirige le indagini e dispone direttamente della PG, mentre la PG anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa. E’ riconosciuta alla PG un’autonomia investigativa e i suoi rapporti col PM sono mediati da atti di comunicazione della notizia di reato.

L’utilizzo processuale di questi atti è diverso, in quanto restano nel fascicolo del PM e non sono conosciuti dal Giudice nella sede dibattimentale. Pertanto, rimane il potere del PM di direzione delle indagini (artt. 327 e 348 cpp) rispetto al quale resta funzionale l’obbligo da parte della PG di comunicare la notizia di reato senza ritardo, al più tardi non oltre le quarantotto ore. Il potenziale probatorio che può essere utile ad una corretta ricerca sulla scena del crimine dipende dalla preparazione, dall’addestramento e dalla coscienza investigativa della PG operante.

Questo risulta essere l’aspetto della ricerca dove il fattore umano ha un peso notevole, soprattutto se si considera che ogni caso è a sé stante e che possono esserci eventualità che sfuggono alle regole e non essere previste e risolvibili all’istante con schemi prestabiliti. La coscienza investigativa è quella che consente di risolvere positivamente ogni caso, poiché dà la certezza che i risultati saranno conseguiti, dedicando alla ricerca il tempo, gli sforzi e l’impegno dovuti.

Hi, I’m Giorgio Labella

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