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Garlasco: continua il tour-de-force investigativo-giornalistico tra presunti scandali sessuali, intercettazioni e strani suicidi

Pavia. È l’ipotesi di un latitante, emersa nel corso di una recente puntata di Chi l’ha visto? Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, avrebbe scoperto un giro di scandali sessuali legati al Santuario della Madonna della Bozzola. Secondo questo scenario, considera Il Fatto Quotidiano, tutto ruoterebbe intorno a un “segreto” custodito a Garlasco da diciotto anni.

Il ricatto

Vigevano, 2014: un giorno di giugno, nei locali della diocesi, un carabiniere travestito da religioso osserva due uomini romeni parlare col promotore di giustizia inviato dal Vaticano. Spiega il servizio della trasmissione di Rai 3, a cura di Vittorio Romano: “I due uomini chiedono duecentocinquanta mila Euro per non far scoppiare uno scandalo, e gli fanno sentire un audio del rettore del Santuario della Bozzola di Garlasco. I contenuti sono a sfondo sessuale.” Ci si riferirebbe a presunti filmati registrati nella camera da letto di don Gregorio Vitali, che si sarebbe intrattenuto con diversi giovani.

Vitali, sacerdote ed esorcista, dal 1991 era rettore del Santuario, “luogo nel quale ogni mercoledì arrivano fedeli da ogni dove per la preghiera di guarigione e liberazione, una sorta di esorcismo in pubblico”. All’epoca del delitto Poggi, don Gregorio si era rivolto pubblicamente all’assassino di Chiara, auspicando che questi si costituisse: “Mi meraviglio di come riesca a tenere dentro di sé questo macigno”, aveva detto tra l’altro. Era inoltre noto per aver fondato diverse comunità di recupero per giovani in difficoltà, orfani, tossicodipendenti, alcolisti, una delle quali sorge proprio accanto al Santuario.

“Il rumeno, che chiede duecentocinquanta mila Euro, fa sentire un audio compromettente ma sostiene di avere anche video di festini in una chiavetta usb”, prosegue il servizio, “probabilmente millanta.”

A innescare la vicenda non è stata una denuncia. Lo precisa l’avvocato Roberto Grattini, che ha assistito i due uomini. “È stato un confidente dei Carabinieri di Vigevano che, interpellato nel contesto di un’indagine per rapina, racconta di queste anomalie nel Santuario.”

Parte offesa nel processo che ne segue, don Gregorio ha ammesso un solo rapporto. Gli è stato proibito di celebrare messa. I clienti di Grittini sono stati condannati per estorsione.

I due romeni hanno ottenuto i soldi, ma le registrazioni degli intrattenimenti a carattere sessuale esistono davvero? “Lo han sempre sostenuto, di fatto i video non sono mai stati forniti. C’era un audio che riproduceva conversazioni hot.” “Evidentemente li avevano e si sentivano forti”, considera l’avvocato Grattini.

Chi l’ha visto? riesce a raggiungere telefonicamente uno dei due, malgrado sia latitante. “Poggi aveva scoperto il giro e aveva detto che avrebbe parlato, da lì è partito tutto”, sostiene. Parole da considerare con ogni cautela, ovviamente.

“Pedofilia 1, 2, 3”

In effetti, però, l’ombra della pedofilia si è profilata ciclicamente nella vicenda, come certi fiumi sotterranei che a tratti emergono in superficie per poi tornare a scomparire nelle viscere della terra.

Nel 2009 un consulente tecnico della famiglia Poggi, parte civile nel procedimento allora in corso, ha esaminato una chiavetta usb utilizzata da Chiara. In essa, tracce di ricerche su “morti sospette”, “anoressia” e “pedofilia”. In particolare, tre file pdf denominati “Pedofilia 1, 2, 3” riportavano articoli di giornale dedicati al tema. Perché, nei mesi precedenti il delitto, la vittima si era interessata alla pedofilia? Le ricerche in tal senso da lei effettuate possono porsi in relazione con il suo omicidio?

15 agosto 2007, due giorni dopo la morte di Chiara. Dinanzi a due ufficiali di polizia giudiziaria della Compagnia di Vigevano, ricorda DarkSide. Storia Segreta d’Italia, è comparsa Paola Cappa, una delle due cugine della vittima. Ha riferito dei suoi rapporti con Chiara, spiegando che, nel corso dell’adolescenza, si sono frequentate molto di rado e riavvicinate solo più di recente.

In risposta a una domanda dei Carabinieri, Paola ha formulato un’ipotesi su chi potrebbe aver commesso l’omicidio. “Voglio aggiungere che dovete cercare l’omicida tra i suoi ex colleghi di Pavia e gli attuali di Milano”, ha detto, “in quanto secondo me ha potuto avere delle avance non corrisposte da qualche uomo che non ha accettato il rifiuto, facendosene una vera fobia e, studiate le abitudini di Chiara in questa settimana, ha agito d’impulso.”

“Ho questa sensazione perché anche se Chiara, almeno con me, non si è mai lamentata di qualche avance ricevuta da colleghi, può essere invece che sia capitato e che, avute le avance, non ne abbia parlato con nessuno, perché la cosa la spaventava”, ha aggiunto Paola Cappa.

Ed ha spiegato questa asserzione riferendo di aver subito, da bambina, molestie da parte di un uomo adulto. Molestie che per lungo tempo ha avuto difficoltà a raccontare ai genitori. Unica persona al corrente di ogni aspetto della circostanza, “il mio ex ragazzo Alessandro”. A lui, la giovane avrebbe riferito anche il nome del molestatore pedofilo.

Con riferimento a quanto riportato da Paola agli investigatori, un quotidiano on line, MowMag, aggiunge un ulteriore particolare connesso con la pedofilia, a quanto pare direttamente riguardante la vittima: la Cappa avrebbe rivelato che Chiara le aveva a sua volta parlato di molestie subite da bambina.

25 agosto 2007. Gli stessi ufficiali che, dieci giorni prima, hanno raccolto la deposizione di Paola, hanno convocato Alessandro C., da lei menzionato. “Ricordo che il 13 agosto 2007, verso le ore 15,30-16.00, ho ricevuto sul mio cellulare una telefonata con numero privato”, ha riferito tra l’altro l’interrogato. “Ho aperta la comunicazione e ho sentito una voce femminile che disperata diceva direttamente ‘è morta mia cugina, aveva solo venticinque anni era sola in casa.’” Alessandro C., inizialmente, non ha riconosciuto l’interlocutrice e le ha chiesto chi fosse. E lei, senza qualificarsi, ha proseguito: “Andrea aiutami!” “Rispondevo che non ero Andrea ma Alessandro, richiedendo chi fosse al telefono. Solo allora l’interlocutrice mi rispondeva di essere Paola.”

Alessandro ha poi confermato quanto riferito dalla sua ex ragazza a proposito delle confidenze ricevute, precisando tuttavia di non essere a conoscenza dell’identità del pedofilo autore delle molestie.

Esaminando il verbale dell’interrogatorio, si nota un aspetto forse significativo: a una domanda dei Carabinieri, il giovane risponde: “Ho appreso di quanto è successo a Garlasco solo attraverso i giornali e la Tv. Voglio precisare che dopo il fatto, credo…” Nel documento, la frase non è completa. E il verbale prosegue poi fino alla chiusura, regolarmente sottoscritto dai presenti.

Un errore di trascrizione? È quanto si domanda il giornalista del citato contributo comparso su Dark Side, autore della scoperta.  “Possibile”, considera. “Ma è possibile che, rileggendolo prima della firma, Alessandro C. non si sia reso conto che una sua risposta era stata tagliata? Evidentemente no. Oppure il taglio è avvenuto in un secondo momento? E se di taglio si tratta, sono state espunte altre risposte? Cosa ha detto Alessandro C. da meritare di essere censurato?” E si riferiva, ci chiediamo noi, anche alle modestie subite dall’ex fidanzata ed a chi ne era stato il responsabile?

Sicari e mandanti

“Girandoci attorno, non troviamo un movente sufficiente né per Stasi né tantomeno per Sempio né per nessun altro a commettere un omicidio di questo genere.” È una dichiarazione rilasciata alla trasmissione Quarto Grado dall’avvocato Massimo Lovati che, insieme alla collega Angela Taccia, assiste Andrea Sempio, attualmente indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. “Quando un omicidio è senza movente la letteratura criminologica ricorre alla figura del sicario”, ha spiegato il legale.

Omicidio su commissione, dunque, commesso da quello che il Crime Classification Manual dell’F.B.I. definisce “contract killer”.

E cosa avrebbe indotto eventuali mandanti ad assumere un sicario? “Anche in quel periodo, nel Santuario delle Bozzole, che dista trecento metri da casa Poggi, oltre che esserci l’oratorio, si praticava l’esorcismo”, argomenta Lovati. “Questo è risaputo. Nel 2012, c’è uno scandalo: vengono arrestati due ragazzi rumeni che compiono un’estorsione ai danni di più sacerdoti e che riferiscono di aver accertato che in quella località non solo si praticava l’esorcismo, ma anche la pedofilia.” “Il filo comune è la pedofilia”, propone il legale, “Chiara aveva visto, praticava l’oratorio. Era diventata scomoda perché aveva saputo determinate cose, allora l’hanno eliminata.” E conclude: “Ripeto che è una mia sensazione, non ho prove o indizi.”

Parlando in termini di criminal profiling, un elemento che potrebbe risultare utile valutare, nel caso di omicidi su commissione posti in essere da un contract killer, è lo staging. Lo si può definire come la deliberata alterazione della scena del crimine da parte dell’offender o di altri, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Una delle finalità a cui tende è quella di sviare gli investigatori dal soggetto su cui più logicamente si riverserebbero i maggiori sospetti. In genere, lo staging attesta infatti un preesistente, stretto rapporto tra vittima e aggressore. Nel caso del delitto commesso da un sicario, lo staging potrebbe non risultare presente o, eventualmente, sussistere proprio nell’eventualità in cui si intenda far apparire un omicidio su commissione come omicidio passionale, commesso da qualcuno particolarmente vicino alla vittima.

Un’epidemia di suicidi?

23 novembre 2010. Tre anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi. È stato rivenuto il corpo senza vita di Giovanni Ferri. Ottantotto anni, meccanico in pensione. Era infilato in un pertugio di circa 50 centimetri tra un muro e la facciata di un palazzo, in via del Mulino, a circa un chilometro da casa Poggi. Aveva i polsi e la gola tagliati. Accanto al cadavere, nessun coltello. Suicidio, si è stabilito subito. Qualcuno diceva che sapesse qualcosa dell’omicidio di Chiara Poggi.

Negli anni, in zona, si sono registrate altre morti rubricate come suicidi. Tra queste, tre riguardano dei ragazzi che, secondo le fonti consultate, si sarebbero conosciuti tra di loro. Il settimanale Gente riferisce che alcuni avrebbero fatto parte del giro di conoscenze di Andrea Sempio. Altri giornali asseriscono che tra loro vi fossero dei frequentatori del Santuario della Madonna della Bozzola.

Uno dei ragazzi si è gettato da un acquedotto, due si sono impiccati. Il giovane impiccatosi nel 2016, prima porre fine ai suoi giorni, ha pubblicato su Facebook un post con il verso della canzone La Verità dei Club Dogo: “La verità sta nelle cose che nessuno sa, la verità nessuno mai te la racconterà.”

E poi, la morte di un medico di base di Garlasco, Corrado Cavallini. Trovato senza vita nella sua abitazione di Vigevano il 24 marzo 2012. Era il medico di famiglia dei Sempio. E curava anche Giovanni Ferri. Sembra che abbia fornito assistenza alla vedova Ferri anche dopo la morte del marito. Si tratta ovviamente di congetture, ma non possiamo escludere che la donna abbia riferito al medico eventuali confidenze sul delitto Poggi ricevute dal marito prima del suo curioso “suicidio”.

“Come faceva a saperlo?”

Prima abbiamo menzionato la recente puntata di Chi l’ha visto? nell’ambito della quale è emersa la vicenda legata alla pedofilia che ha interessato l’allora rettore del Santuario della Bozzola. Nel corso della medesima puntata della trasmissione di Rai 3 è stato mostrato il video inedito di un incontro tra Alberto Stasi e Stefania Cappa, la gemella di Paola, avvenuto presso la locale caserma dei Carabinieri quattro giorni dopo l’omicidio. Lasciati soli, i due hanno parlato ovviamente della vicenda e formulato ipotesi sulla sua dinamica.

Stefania ha prospettato la possibilità che si sia trattato di una rapina finita male. E Stasi: “Secondo me qualcuno è entrato lì dentro e lei si è spaventata.” “Ma alle 9 e mezza?”, ha chiesto Stefania. “Non lo so a che ora”, ha replicato il giovane. Poi, l’audio diviene incomprensibile.

Questo scambio di battute ha scatenato una serie di reazioni sui social network. Ormai, sembra che ci si debba rassegnare al fatto che l’indagine su un crimine si svolga con il costante contributo di commentatori e suggeritori telematici. Nella circostanza, molti “investigatori da salotto” si sono chiesti: se, stando a quanto in seguito reso noto dagli inquirenti, la mattina dell’omicidio l’allarme di casa Poggi era stato disattivato alle 9,12, come faceva la cugina della vittima “solo 4 giorni dopo, a sapere che il delitto fu compiuto alle 9:30?”

Il Fatto Quotidiano si chiede cosa dicano le carte in proposito. All’epoca, il corpo della vittima non è stato pesato perché all’obitorio in cui è stato esaminato mancava una bascula, una particolare bilancia atta allo scopo. Il che ha determinato incertezza relativamente all’ora della morte. Ipotizzata, inizialmente, tra le 10,30 e le 12 e, in seguito anticipata tra le 9,12 e le 9,35.

Il cadavere è stato esaminato per la prima volta poco dopo le 14 del giorno del ritrovamento e risultava ancora privo di rigor mortis e delle macchie ipostatiche (i segni dei ristagni di sangue che, trascorso un certo tempo dal decesso, si formano nelle zone declivi del corpo). Due giorni dopo il funerale, il corpo di Chiara è stato riesumato per rilevarne le impronte digitali: in precedenza, nessuno vi aveva provveduto.

Intercettazioni

Ulteriori dettagli sulla vicenda, nel tour-de-force investigativo e giornalistico di questi giorni. Il settimanale Giallo rivela il contenuto di alcune intercettazioni dell’avvocato Ermanno Cappa, padre di Paola e Stefania.

A quanto si legge su Open, in una conversazione avvenuta poco dopo il delitto, parlando con la moglie e le figlie, il legale avrebbe affermato: “Ho un incontro con alcuni deputati per attaccare Vittorio Feltri.”

Cappa sarebbe stato inoltre intenzionato, sempre secondo Giallo a scoprire “chi passava al giornalista documenti considerati a favore di Stasi.” Il legale avrebbe anche contattato alti funzionari del Garante della Privacy e dell’Ordine dei Giornalisti “che hanno già ‘cazziato’ La Stampa di Torino”, nonché “un senatore identificato con le iniziali A.C.”

Vittorio Feltri è da sempre persuaso dell’estraneità di Alberto Stasi al delitto di Chiara, per il quale pure è stato condannato in via definitiva.

“A questo punto è evidente che sulla giustizia italiana occorre una riforma decisiva”, ha commentato il giornalista ai microfoni di Radio Libertà. “Il pasticcio su Garlasco è talmente grosso che è difficile descriverlo, ma ora tutto converge a farci capire che il problema non è solo l’assassino di questa ragazza, ma anche quelli che non l’hanno trovato e quindi hanno preso uno a caso e l’hanno messo in galera. Altro che la formula ‘colpevole oltre ogni ragionevole dubbio’: Stasi è stato condannato in base a una serie di soli dubbi.” “Ho conosciuto bene Stasi e ho capito che non c’entrava”, ha aggiunto. “Spero che la prossima volta in cui lo incontrerò sia per festeggiare la sua innocenza. Questa vicenda mi disgusta.”

Qualcosa dell’avvocato Cappa

L’avvocato Ermanno Cappa, il padre di Paola e Stefania, cugine di Chiara Poggi, è un avvocato assai noto, stimato in molti ambienti. Partner fondatore dello Studio Legale Cappa & Partners, si è laureato a Pavia nel 1976, discutendo una tesi in tema di pegno e usufrutto di azioni. Nel 1978 ha conseguito l’abilitazione professionale presso la Corte d’Appello di Milano. Il sito dirittobancario.it riporta su di lui le seguenti informazioni: ha operato per diversi anni quale direttore affari legali-societari di varie banche; nel 2007 è entrato a far parte, quale socio, di uno studio associato milanese; nel 2014 ha fondato lo Studio Legale Ermanno Cappa & Partners. È stato componente della commissione legale dell’ABI, nonché componente di vari organismi interbancari. La sua esperienza verte sul diritto d’impresa e, particolarmente, sull’operatività societaria, bancaria e finanziaria, specie sui profili penali-commerciali, con riguardo alla governance, alla compliance ed alla tematica dei modelli organizzativi, con specializzazione in materia di retails bancari e normativa antiriciclaggio.

È stato presidente del Centro Studi Ambrosoli; è presidente emerito dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa (AIGI), di cui è stato presidente per diversi anni; membro del Direttivo dell’Associazione Europea per lo studio del Diritto Bancario e Finanziario (AEDBF).

È presidente di vari Organismi di Vigilanza ex d. lgs. 231-2001; sindaco e amministratore di banche ed intermediari finanziari; componente il comitato scientifico di diverse riviste giuridiche; docente a contratto di normative antiriciclaggio, direttore scientifico del master “avvocato d’affari” de Il Sole 24 Ore. Ha scritto diversi contributi in materia di diritto bancario, penale-bancario, legislazione antiriciclaggio e normativa di contrasto alla criminalità economica ed è relatore in numerosi convegni.

Dall’indagine di allora

“Finalmente stanno facendo quello che ho sempre sostenuto dal 2007.” È quanto dichiara Francesco Marchetto, ex maresciallo dei Carabinieri, alla trasmissione La vita in diretta. Dieci giorni dopo l’omicidio, è stato estromesso dalle indagini. E accusato di aver favorito Alberto Stasi non avendo proceduto al sequestrato della bicicletta nera da donna in uso alla famiglia del fidanzato di Chiara, simile a quella vista da una testimone fuori la villetta dei Poggi il giorno del delitto. Il reato contestato a Marchetto è andato in prescrizione, ma l’ex maresciallo in pensione è stato condannato a corrispondere quarantamila Euro alla famiglia della vittima a titolo di risarcimento.

Ricordando lo stato del luogo del delitto al momento del suo arrivo, dopo la scoperta del cadavere, ha aggiunto: “La prima cosa che mi ha colpito è stato il gran casino. C’erano troppe persone all’interno di quella casa. A cosa è servito? Gli accertamenti sono stati resi difficoltosi. Dove c’è casino, non c’è chiarezza. C’erano tanti carabinieri che non avrebbero dovuto esserci.”

Come accennato, Marchetto è stato estromesso dalle indagini sul caso dopo dieci giorni: “Volevo fare le indagini a trecentosessanta gradi. Quando ho alzato il dito per dire di guardare anche da un’altra parte (oltre lo scenario che voleva Stasi colpevole, ndr) sono stato esautorato. A un certo punto dell’indagine, se avessimo messo su una bilancia Stasi o altre persone, l’ago sarebbe andato verso queste ultime, che non sono state attenzionate.”

“Le nuove indagini daranno finalmente il nome al colpevole. Stasi non c’entra niente”, ha aggiunto.

A proposito delle gemelle Cappa, ha dichiarato a Repubblica: “C’era il testimone che smentiva i movimenti della loro madre, quella mattina. E Muschitta che descrisse Stefania in bici con troppi dettagli per mentire. Bisognava entrare in casa loro, bisognava indagare a trecentosessanta gradi ma il capitano Cassese disse: tengono l’alibi. Ma chi lo ha mai verificato?”

Una scarpa da donna

Dal passato dell’inchiesta riemerge anche la relazione di un perito nominato dal giudice nel 2009 e chiamato a valutare elementi eventualmente idonei a stabilire il coinvolgimento o meno di Stasi nel delitto. Ne davano conto il quotidiano Libero e Tgcom24 del 30 settembre 2009. Nell’elaborato tecnico si faceva tra l’altro riferimento a un’orma rivenuta sulla scena del crimine. La traccia, lunga 24-26 cm, corrispondente a un numero di piede 36-37, avrebbe rivelato forma e dimensioni di una scarpa da donna. Appartenente, ipotizzavano i giornali che allora hanno riferito la notizia, all’omicida o a una sua complice.

Elemento, questo, che rimanda all’esame autoptico effettuato sui resti mortali di Chiara. Da cui sarebbe risultato – riportano le medesime fonti – che sulla coscia sinistra della vittima erano presenti ecchimosi da calpestamento (tacco e punta). Le scarpe Lacoste calzate da Stasi di certo non avevano né tacco né punta. Anche in questo caso, si profilava realisticamente l’ipotesi di una scarpa da donna. Traccia autentica o, alla luce di quanto sopra considerato, possibile forma di staging? Un elemento che, a distanza di tanti anni, potrebbe essere forse utile riconsiderare a fini di indagine, in un frangente in cui le presunte certezze raggiunte sul delitto, sulla sua dinamica e sul suo responsabile sembrerebbero destinate a sgretolarsi in modo irreversibile.

Ragionevoli dubbi

Concludiamo questo excursus sui più recenti sviluppi della nuova indagine sulla morte di Chiara Poggi con quanto considerato, in una recente intervista alla Stampa, dal giudice Stefano Vitelli, che ha assolto in primo grado Alberto Stasi. Allora è stato definito “il giudice iper-garantista”, che non aveva condannato il giovane che la vox populi aveva già deciso dovesse essere il responsabile dell’omicidio. Con la sua decisione, Vitelli riaffermato con forza il principio del ragionevole dubbio, presente nel nostro ordinamento e non sempre, per così dire, adeguatamente valorizzato.

“Il ragionevole dubbio”, ha dichiarato Vitelli, “non è una sconfitta della giustizia. Perché se, una volta approfondito tutto il materiale che abbiamo, si arriva ad una situazione di concreta incertezza, è giusto assolvere. E assolvere non è una sconfitta dello Stato, anzi, è una vittoria.” “Il ragionevole dubbio è un valore costituzionale, ci deve unire tutti, perché è meglio un colpevole fuori che un innocente in carcere”, ha aggiunto.

Un invito al raziocinio, alla civiltà e al rigore giuridico, oltre che investigativo, in un momento molto delicato del nuovo corso dell’indagine sul delitto di Garlasco.

Hi, I’m Luca Marrone

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